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Gli italiani sono un popolo storicamente diviso, su tutto, anche sulle cose in cui dovrebbero essere d’accordo. Sono talmente divisi che credo non si possa nemmeno parlare di “popolo”, ma di tanti “popoli” messi assieme sotto un’unica bandiera, ma con poco in comune. E chi conosce gli italiani si accorge di questo aspetto: dalla politica al calcio, dalla posizione geografica a quella socio-lavorativa, ogni pretesto è buono per gli italiani per creare tutta una serie di partiti e partitini, che non portano a nulla di costruttivo, ma che soddisfano l’eterna corsa al protagonismo di una larga fetta di popolazione, all’interno della quale dominano ignoranza e pressapochismo. Vi basta pensare che perfino all’interno di un movimento come quello legato al Subbuteo (il famoso gioco da tavolo sul calcio, per chi ha una certa età…) esistono due partiti diversi, chi è legato al vecchio gioco e chi alle sue “nuove evoluzioni”, ed ognuno è convinto di avere la verità in tasca. Potete ben capire cosa significhi una mentalità così deleteria all’interno di un mondo come quello degli ultras, che già di suo è portato alla conflittualità, e quanto dura sia creare un fronte comune anche di fronte ad un male come la repressione, che si sta mangiando letteralmente la passione dei tifosi e degli ultras. La cosa triste è che tutto questo lo stato lo sa. E ci gioca, con la complicità (involontaria?) di molti ultras che mettono la propria personale “guerra di religione” anche di fronte all’evidenza dei fatti…

Parliamo quindi di tessera del tifoso, lo strumento che più di ogni altro ha diviso il mondo ultras. Uno strumento che ha trovato tutti gli ultras in principio contrari, ma non una “strada comune” per combatterlo: e così il 90% delle tifoserie italiane ha scelto di boicottarlo. Una minoranza invece, seppur contraria, ha deciso di sottoscriverlo comunque, chi per tirare avanti ugualmente, chi perchè in curva magari non ha solo interessi di tifo ma anche personali e chi semplicemente perchè non credeva nella protesta. A mio modo di vedere, su una questione del genere si possono anche fare scelte diverse e si può essere o meno d’accordo, ma questo non da a nessuno la “patente” di ultras, nè la toglie. Per fare un esempio concreto, parliamo dei veronesi: sono una delle tifoserie più discusse d’Italia, hanno sottoscritto la tessera del tifoso prendendosi valanghe di critiche, però rimangono una delle migliori tifoserie d’Italia come presenze, tifo, numeri e scontri. Hanno sottoscritto la tessera del tifoso ma di fatto hanno continuato a fare ciò che hanno sempre fatto negli anni precedenti, e questo a prescindere che stiano simpatici o meno, è un dato di fatto innegabile (poi se vogliamo negare l’evidenza, altra specialità tipicamente italiana, facciamolo; ma non tengo nemmeno in considerazione chi nega l’evidenza…). Chi può dire che questi “non sono ultras”?

Altre tifoserie hanno fatto scelte diverse, seppur rispettabili, ma in questo senso anche il fronte dei “no tdt” si è dimostrato poco compatto: chi ha continuato ad andare in casa ed in trasferta a costo di rimanere fuori dello stadio, chi ha continuato ad andare solo in casa ed ha rinunciato alle trasferte (la maggior parte), chi ha provato a disertare gli stadi anche in casa salvo poi dover fare marcia indietro, e chi ha deciso di sciogliere il proprio gruppo per coerenza. Nel frattempo gli stadi hanno cominciato a svuotarsi sempre di più, ed anche le società (che inizialmente pensavano che “non era affare loro”, come se del resto i propri tifosi fossero degli estranei…) hanno cominciato ad interessarsi al problema. Una situazione che tuttavia faceva comodo agli sbirri (Osservatorio e Casms), i quali ragionano che più gli stadi sono vuoti, meno hanno da lavorare loro… Per questo motivo abbiamo assistito ad una serie di dichiarazioni da parte degli “addetti ai lavori” tese a negare l’evidenza, parlando di “aumento di pubblico”, “calo degli incidenti” e via discorrendo…

Col tempo le tifoserie italiane si sono trovate di fronte a un bivio: continuare la protesta o smetterla e tesserarsi. Ed è successo nel momento in cui il biglietto nominativo, il singolo biglietto per entrare allo stadio, è diventato soggetto all’articolo 9, proprio come la tessera del tifoso. Era diventato evidente ormai che la strada del “tifare solo in casa” non stava portando i risultati sperati, se si voleva continuare la protesta bisognava farlo in maniera più incisiva. Purtroppo però la prima via non è stata percorsa, forse non è stata mai nemmeno presa in considerazione: evidentemente in molte curve ci sono interessi personali che vanno oltre il tifo, non solo in quelle delle grandi città; ma non è solo questo il problema, e nelle curve degli stadi italiani ci sono sicuramente tanti ragazzi che sono in buona fede, ma che nella protesta non ci hanno creduto. O che sono stupidi, ed hanno pensato che non avrebbero mai portato avanti una protesta con “certe” tifoserie, piuttosto meglio assoggettarsi allo stato. Tutto ciò ha portato inevitabilmente molti a tesserarsi, a farla finita con una battaglia finta che stava logorando prima di tutto la propria tifoseria. Altri ancora si sono sciolti, quasi nessuno per la tessera, quasi tutti per motivazioni interne alla tifoseria. Infine parecchi scelgono di andare avanti col “muro contro muro”, tifo in casa, assenza in trasferta. Evidentemente a questi ultimi piace rimbalzare contro un muro di gomma, e la chiamano “coerenza”.

Nell’ultimo anno poi sono nati degli strumenti “alternativi” alla tessera del tifoso, come i voucher per le partite casalinghe o le “away card”: all’atto pratico la differenza fra questi strumenti e la tessera del tifoso vera e propria è quasi nulla, entrambe sono soggette all’articolo 9 come del resto il biglietto nominale, cambia giusto che per ottenere la tessera del tifoso bisogna firmare un codice etico che non è previsto sui voucher e le away card. Qui la questione è soprattutto “politica”, nel senso che la scelta è fra uno strumento che lo Stato ha cercato di imporre con la forza, ed uno strumento che il fronte “no tdt” si è conquistato con le proprie forze. Sembra incredibile, ma in Italia le battaglie sono soprattutto sul fronte “politico”! Bene, in questi giorni è uscito un articolo scritto dal blog “Ultras 2000″, in cui si sottolinea il fatto che tessera del tifoso, voucher ed away card sono la stessa cosa (giustissimo), ma scritto in modo chiaramente provocatorio e con lo scopo di seminare ulteriore zizzania e gettare benzina su un fuoco che avrebbe bisogno di essere spento e non alimentato. A volte sarebbe opportuno chiedersi se certe persone “lavorano” per le curve o per le questure…

In conclusione, anche quest’anno molte tifoserie continueranno a rimbalzare contro quel famoso “muro di gomma” di cui parlavo sopra, a portare avanti “guerre di religione”, a fare il gioco del sistema. E sindacheranno come sempre sulla mentalità degli altri, che di fatto hanno solo fatto una scelta diversa in una situazione di stallo. Questo sito non si piegherà a questo stupidissimo gioco, e continuerà a parlare di ultras, ed a considerare ultras tutte le tifoserie a prescindere che siano tesserate o meno. L’augurio è di non essere gli unici.

A coloro che sentono il bisogno di fare guerre di religione, che credono di avere la verità in tasca, che ragionano con più paraocchi di un cavallo, a coloro che lo stadio l’hanno visto solo in cartolina e parlano di ultras ed a tutti i ragazzini fustrati che ripetono a memoria tutto ciò che gli dice il loro “capo” (un capo è una figura molto diversa da un leader, ricordiamolo!), dedichiamo un sorriso carico di compatimento. Buon campionato, ultras!

Fonte: [www.ultrasontour.altervista.org]

Sabato 17 Agosto 2013

Sezione: dal mondo Ultras

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